Mai fidarsi di un’interferenza!

Perché dimentichiamo?
L’oblio è un processo che può spaventare, la sola idea di perdere informazioni relative alla nostra vita può avere il potere di gettarci nello sconforto più totale. In verità l’oblio, come processo naturale e non causato da traumi o disturbi, è un processo assolutamente utile.

Ebbinghaus, che ha dedicato molti studi ai processi della memoria, si rese conto che l’oblio non ha una frequenza lineare, ovvero inizialmente si dimentica molto più rapidamente che nei momenti successivi.
Abbiamo già parlato della distinzione tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine, analizziamo ora l’oblio in funzione di questa distinzione.

Nella memoria a breve termine si giunge all’oblio per decadimento della traccia oppure per interferenza con informazioni apprese successivamente, dunque entrambi i fattori concorrono alla cancellazione dell’informazione, sia l’indebolimento della traccia che il richiamo fra altre tracce che soppiantano le precedenti.

Nella memoria a lungo termine, invece, gli studiosi sono giunti alla conclusione che, a prescindere dal tempo trascorso, all’origine del processo di oblio va rintracciata l’interferenza.

Esistono due diversi tipi di interferenza:
· Interferenza o inibizione proattiva: i ricordi preesistenti interferiscono con l’apprendimento di nuove informazioni, le vecchia traccia, dunque, emerge e si afferma a scapito della nuova.
· Interferenza o inibizione retroattiva: le nuove informazioni apprese impediscono il ricordo di vecchie informazioni, le nuove informazioni sostituiscono le vecchie. All’aumentare dei dati in entrata si intensifica l’interferenza, in particolar modo quando le nuove informazioni interferiscono con tracce precedenti relativamente deboli;
Nel processo dell’interferenza quanto più simile è il materiale da ricordare quanto maggiore è il fenomeno dell’interferenza.

L’interferenza proattiva e l’interferenza retroattiva dimostrano che le nostre esperienze tendono ad entrare in contatto fra loro, con la conseguenza che è piuttosto difficile che il ricordo di un’esperienza sia completamente avulso rispetto al ricordo di altre esperienze. Una forte similitudine tra le esperienza determina un’alta probabilità che interagiscano.

Lo studio dell’oblio non ha trascurato anche l’insorgere di aspetti emotivi all’origine di questo fenomeno.
Freud per primo se ne occupò, sostenendo che gran parte dei processi di oblio che ci riguardano potrebbero essere legati al tentativo di eliminare fatti associati ad elementi che generano angoscia.

È chiaro che lo stato d’animo possa avere il suo peso nel fenomeno dell’oblio, anche perché le componenti emotive possono influenzare il livello di attenzione e, di conseguenza, anche di distrazione. È stato provato, attraverso specifici esperimenti sia sull’uomo che sugli animali, che i soggetti se sottoposti ad alti e prolungati livelli di stress, ansia, paura possono manifestare carenze di apprendimento o perdita di memoria che variano da un livello basso a stati più gravi. Sono piuttosto frequenti episodi di amnesia o perdita parziale di memoria a seguito di un forte stress o un trauma emotivo.

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